Pornhub 2025: perché gli italiani cercano il “Made in Italy” (e cosa ci dice sui nostri comportamenti digitali)

Numeri alla mano, l’Italia su Pornhub cerca casa. Parole chiave in italiano, performer italiani, contenuti amatoriali locali dominano le ricerche. Ma non è solo folklore: dentro questi dati c’è un pezzo di identità digitale, abitudini di consumo e algoritmi che ci spingono verso ciò che riconosciamo. Vediamo cosa racconta il report 2025 di Pornhub e perché è utile oltre il tema “hot”.

I numeri da conoscere: Italia tra top 10 e preferenze “local”

Secondo il 2025 Year in Review, l’Italia si conferma tra i primi dieci paesi al mondo per traffico, in settima posizione. Il quadro d’uso è chiaro: l’85% delle visite arriva da smartphone, con una durata media di 8 minuti e 39 secondi per sessione. Si registra una quota femminile al 27%, in lieve calo rispetto al 29% dell’anno precedente.

Ma il dato che fa notizia è un altro: le ricerche più popolari sono italiane. Termini come “italiano”, “italiana” e “amatoriale italiano” sono tra i più battuti. Anche i profili delle performer più cliccate sono del nostro paese: Martina Smeraldi, Sara Diamante, Valentina Nappi. In sintesi: l’utente italiano cerca contenuto italiano, con una preferenza marcata rispetto ad altri mercati.

Perché è importante

  • Local batte global: quando il contenuto è percepito come “vicino”, aumenta l’attenzione.
  • Mobile-first: lo smartphone è il canale dominante, anche per contenuti privati e rapidi.
  • Sessioni brevi, intenti chiari: meno di 9 minuti per visita spingono a scelte facili, familiari, riconoscibili.

Perché il “Made in Italy” vince anche negli adulti

1) Algoritmi che premiano la prossimità

Le piattaforme lavorano su segnali di geolocalizzazione, lingua e storico. Se inizi a cliccare contenuti italiani, gli algoritmi consolidano la bolla. Il risultato: il feed diventa sempre più local, le raccomandazioni rafforzano la preferenza, il ciclo si autoalimenta.

2) Comfort linguistico e contesto culturale

Capire la lingua, i modi di dire, le sfumature culturali abbassa l’attrito. Sui contenuti per adulti, dove la fruizione è rapida e privata, qualsiasi frizione riduce il coinvolgimento. L’italiano vince perché è immediato e “senza spiegazioni”.

3) Effetto identità: riconoscersi vale click

Non è solo nazionalismo: è riconoscimento. Voci, ambienti, volti e storie che suonano familiari risultano più “autentici” e credibili. È lo stesso motivo per cui, su altre piattaforme, creator locali performano meglio se parlano a nicchie territoriali o culturali specifiche.

4) Amatoriale come promessa di autenticità

Il boom dell’“amatoriale italiano” segue la macro-tendenza dell’economia dei creator: meno studio e più “realtà”, più relazione e meno produzione patinata. Qualsiasi settore — anche quello adult — tende verso ciò che sembra intimo, non costruito, vicino alla vita di tutti i giorni.

Trend globali che toccano anche l’Italia

Il report 2025 evidenzia due fenomeni da monitorare.

Crescita della dimensione LGBTQ+

Ricerche e contenuti LGBTQ+ sono in aumento a livello globale. È un segno di allargamento della domanda, ma anche di un’offerta più variegata e normalizzata. Le piattaforme diventano specchi: quando gli utenti si sentono rappresentati, cercano e trovano più facilmente.

Personaggi dei videogiochi e cultura pop

Le ricerche legate a character dei videogame crescono. È l’ennesima prova che l’immaginario digitale influenza i desideri — e che l’intrattenimento, dai giochi alle serie, non vive a compartimenti stagni. Anche qui gli algoritmi uniscono puntini: se segui certe community, certe ricerche compaiono e attecchiscono.

AI, deepfake e “character” virtuali

La frontiera è la relazione con personaggi (o chatbot) costruiti via intelligenza artificiale. Il mondo adult è spesso un laboratorio: è stato tra i primi a spingere la compressione video e i modelli di abbonamento, e potrebbe accelerare sulla creazione di “character” personalizzati. Attenzione però ai rischi: trasparenza sull’uso dell’AI, consenso delle persone ritratte e tutela da deepfake diventano temi centrali.

Cosa significa per marketer, creator e PMI

Localizzazione non è un dettaglio, è la leva

  • Lingua e contesto: parlare il linguaggio del pubblico — letteralmente e culturalmente — aumenta il tasso di completamento e la memorabilità.
  • Segnali locali: riferimenti a città, tradizioni, micro-comunità. Il contenuto “su misura” batte quello generico.

Mobile-first e “snackability”

  • Formati brevi e precisi: l’utente decide in pochi secondi. Titolo, anteprima, primo schermo contano più del resto.
  • UX senza attriti: velocità, semplicità, call to action chiara. Ogni clic in più fa perdere conversione.

Creator economy: autenticità scalabile

  • Volti riconoscibili: persone reali e narrazioni coerenti costruiscono fiducia.
  • Amatoriale come estetica: non significa scarsa qualità, ma scelta editoriale: meno artificio, più prossimità.

AI e contenuti sintetici: opportunità e responsabilità

  • Personalizzazione: la capacità di modellare contenuti su interessi e contesti locali è un vantaggio competitivo.
  • Etica e compliance: disclaimer chiari quando si usa AI generativa, tutela dei diritti d’immagine, policy contro i deepfake abusivi.

Leggere gli adult come cartina tornasole

  • Early adoption: ciò che funziona nell’adult spesso anticipa trend mainstream (tecnologia, UX, monetizzazione).
  • Interpretare i dati, non giudicarli: dentro ai numeri ci sono pattern utili per capire come cambiano attenzione, desideri e abitudini digitali.

In sintesi: cosa ci dicono questi dati sull’Italia

  • Siamo mobile-centrici, con sessioni rapide e scelte guidate da familiarità.
  • Preferiamo il locale: lingua, codici e volti italiani performano meglio.
  • Seguiamo trend globali (LGBTQ+, character e cultura pop), filtrandoli attraverso lenti culturali nostre.
  • Guardiamo avanti: AI, personalizzazione e confini tra reale e virtuale ridisegneranno l’offerta — con nuovi standard di trasparenza e sicurezza.

Non è solo gossip: è antropologia digitale applicata al marketing. Se capiamo perché clicchiamo ciò che clicchiamo, capiamo anche come costruire prodotti, contenuti e servizi che funzionano davvero.

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