Accordo AWS–Google Cloud: il multicloud che promette una rete senza down

Due rivali che si stringono la mano per difendere Internet dai blackout. AWS e Google Cloud lanciano una connettività multicloud pensata per spostare i carichi in pochi minuti quando un provider va giù. Promessa ambiziosa: più resilienza, meno interruzioni. Ma è davvero la cura contro i down o solo il cerotto dopo l’ultimo grande incidente?

Perché questa alleanza conta (davvero)

L’intelligenza artificiale sta divorando banda e potenza di calcolo. Gli utenti sono sempre online. Le aziende — e i servizi pubblici — non si possono più permettere ore di offline. Il risultato? La resilienza diventa una funzione core, non un optional.

In questo contesto, vedere AWS (il leader di mercato) e Google Cloud (terzo player, dietro Microsoft) collaborare è un segnale chiaro: quando la posta in gioco è la continuità del servizio, la “coopetition” batte la rivalità.

Cos’è il nuovo servizio multicloud lanciato da AWS e Google

Secondo Reuters, le due aziende hanno annunciato una soluzione di connettività diretta tra le loro reti per facilitare il traffico tra ambienti AWS e Google Cloud. Tradotto: canali più veloci e stabili per spostare dati e workload in caso di problemi.

Come funziona (in pratica)

Il cuore è l’interconnessione: link dedicati tra i backbone dei due provider, orchestrazione e policy che permettono di deviare i carichi. L’obiettivo dichiarato è ridurre il “tempo di passaggio” da un ambiente all’altro a una finestra di pochi minuti, senza settimane di migrazioni o burocrazia tecnica.

  • Failover rapido: se una regione o un servizio è offline, i workload critici possono essere riavviati sull’altro cloud.
  • Ridondanza di rete: canali diretti riducono i colli di bottiglia e i rischi di congestione.
  • Minore latenza intercloud: instradamento più corto rispetto al passaggio “via Internet pubblica”.
  • Operatività semplificata: meno ticket, più automazione. Il tempo diventa il KPI.

Perché adesso: il precedente blackout di AWS

Solo poche settimane fa — il 20 ottobre — un’interruzione di AWS ha mandato offline migliaia di siti e app in tutto il mondo. Secondo stime circolate nel settore, le perdite per le aziende coinvolte avrebbero superato il mezzo miliardo di dollari. Un campanello di allarme per tutti.

Il timing dell’annuncio non è casuale: dopo un down di questa portata, il mercato pretende contromisure concrete. Il messaggio è chiaro: “se cade uno, l’altro regge”.

Cosa cambia per aziende e Pubblica Amministrazione

PMI e scaleup

  • Vendor lock-in più debole: con pipeline e dati pronti al “salto”, si negoziano meglio prezzi e SLA.
  • Business continuity a portata: RTO e RPO si accorciano se l’architettura è pensata per l’active-passive o l’active-active tra cloud.
  • Time-to-recovery: dal “speriamo non succeda” al “simuliamo e ripartiamo”.
  • Cost management: attenzione a egress e duplicazioni: resilienza sì, ma con guardrail di budget.

Grandi imprese e governi

Qui il tema non è solo il fatturato perso: si parla di servizi critici, infrastrutture, cittadino digitale. L’alleanza apre a scenari prima complessi da gestire.

  • Servizi essenziali più robusti: sanità, pagamenti, trasporti e portali PA con piani di continuità oltre un singolo fornitore.
  • Sovranità e compliance: workload separati, dati segmentati e percorsi di rete tracciabili tra giurisdizioni.
  • Procurement più intelligente: gare e contratti che prevedono nativamente modelli multicloud.

I limiti: non basta collegare due nuvole

  • Costi di rete e dati: egress intercloud, duplicazione storage, licenze e tool di osservabilità possono esplodere se non governati.
  • Complessità architetturale: identità, segreti, chiavi, policy e logging vanno allineati su due stack diversi.
  • Sicurezza e governance: più superfici di attacco, più permessi da gestire, più audit da superare.
  • Lock-in “spostato”: si riduce la dipendenza da un singolo cloud, ma si introduce dipendenza dall’interconnessione e dai servizi proprietari di entrambi.
  • Latenza variabile: non tutti i carichi reggono il salto. Database transazionali e sistemi a bassa latenza richiedono design specifici.
  • Rischi sistemici: problemi DNS, routing BGP o guasti di backbone possono impattare più di un provider. Il multicloud riduce il rischio, non lo azzera.

Come prepararsi per sfruttarlo davvero

  • Mappa dei carichi: classifica applicazioni per criticità, dipendenze, requisiti di latenza e compliance.
  • Pattern chiari: scegli dove ha senso active-passive e dove progettare active-active con repliche asincrone o sincrone.
  • RTO/RPO realistici: definisci obiettivi misurabili e testa il raggiungimento con runbook e chaos testing.
  • Automazione end-to-end: IaC multi-provider, pipeline CI/CD portabili, immagini e artefatti standardizzati.
  • Osservabilità unificata: log, metriche e trace in un unico pannello, alert cross-cloud e SLO per servizio.
  • Data strategy: replica selettiva, formati interoperabili, policy di lifecycle per contenere i costi.
  • Incident response: esercitazioni periodiche, tabella di escalation, comunicazione verso clienti e stakeholder.
  • FinOps: budget, tag, chargeback/showback e report mensili per evitare sorprese.

Effetto sul mercato cloud

Questa mossa legittima il multicloud come standard di continuità operativa, non più solo “strategia di procurement”. A cascata, aspettati:

  • Pressione competitiva su Azure: probabile risposta con interconnessioni analoghe o partnership mirate.
  • Più standard aperti: spinta su API, identity federation e formati portabili per ridurre attriti tra piattaforme.
  • Resilienza come KPI commerciale: non solo core, vince chi dimostra tempi di ripartenza misurabili.
  • Attenzione regolatoria: i regolatori potrebbero chiedere garanzie su interoperabilità, sicurezza e concorrenza.

Il punto strategico è uno: la domanda di AI e la crescita del traffico rendono la resilienza un vantaggio competitivo. Chi orchestra bene più nuvole, governa il rischio e guadagna fiducia.

Conclusione

L’alleanza AWS–Google Cloud è un passo concreto verso un’Internet più resiliente. Non elimina i blackout, ma alza l’asticella: dai piani sulla carta a failover in minuti. Funzionerà? Dipende da come le organizzazioni progettano, testano e finanziano il multicloud nella pratica.

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