TikTok tra USA e Cina, con Taiwan sullo sfondo: cosa c’è davvero nell’accordo (e perché ci riguarda)
La partita su TikTok non è solo tecnologia o social: è geopolitica pura. Dopo la telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping, si è parlato di un’intesa “di massima” per evitare lo scontro frontale sul futuro dell’app più usata dai giovani americani. Ma il nodo vero sarebbe Taiwan: concessioni, rimodulazioni degli aiuti e un equilibrio che sembra spostarsi. Secondo il New York Times, l’accordo si sarebbe complicato proprio su questo punto. E allora la domanda è semplice: stiamo scambiando un’app per un asset strategico?
Perché TikTok è diventato un dossier di sicurezza nazionale
Negli Stati Uniti TikTok non è più un tema “tech”, ma una questione di sicurezza. Washington contesta a ByteDance, la casa madre cinese, la possibilità di accesso ai dati e l’influenza dell’algoritmo sul dibattito pubblico. Il risultato è una linea dura: o cessione del controllo a soggetti non cinesi, o esclusione dal mercato.
In concreto, le richieste americane ruotano intorno a tre leve:
- Proprietà e governance: separazione effettiva da ByteDance, con controllo societario statunitense.
- Dati e infrastrutture: dati degli utenti americani gestiti e conservati negli USA, con audit indipendenti.
- Algoritmo e trasparenza: limiti o supervisione sul motore di raccomandazione, considerato il “cuore” del potere di TikTok.
Questo braccio di ferro non nasce oggi: è l’evoluzione di anni di diffidenze incrociate, esplose prima con Huawei e poi con TikTok. Ma ora c’è di più: Taiwan entra sul tavolo, spostando l’asse della trattativa.
La telefonata Trump–Xi e un accordo che scricchiola
Secondo il New York Times (19 settembre 2025), dopo la telefonata tra Donald Trump e Xi Jinping si è parlato di un’intesa da rifinire. Niente di definitivo, però: dichiarazioni ottimistiche da parte americana, poche certezze nei testi e – soprattutto – molte zone d’ombra sui capitoli più sensibili.
La narrazione pubblica è nota: “abbiamo un accordo, lo confermeremo”. Ma quando si passa ai dettagli, emergono le crepe. E tutte portano a Taiwan.
Il nodo Taiwan: la concessione che cambia il quadro
Nel racconto che circola a Washington, il punto più controverso sarebbe una potenziale rimodulazione degli aiuti militari a Taipei. In altre parole: ammorbidire il sostegno difensivo a Taiwan in cambio di una soluzione “gestibile” su TikTok. Una mossa che – se confermata – sarebbe letta come un segnale di accomodamento verso Pechino proprio nel momento in cui l’isola chiede continuità e deterrenza.
Non parliamo di dettagli tecnici: qui la posta in gioco è strategica. Taiwan è un pilastro della sicurezza indo-pacifica e dell’economia globale (semiconduttori in testa). Intrecciare il suo destino con quello di un social network significa spostare l’asticella del negoziato dal piano economico a quello geopolitico, con tutte le conseguenze del caso.
Perché sarebbe uno scambio senza precedenti
Un conto è discutere di governance, audit e compliance di una piattaforma. Altro è incrociare il tema con l’architettura della sicurezza regionale. Se passa il principio che un asset digitale può “compensare” un impegno militare o diplomatico, il precedente diventa pesante: domani potrebbe valere per chip, cloud, reti 5G, infrastrutture critiche. E ogni attore (USA, Cina, UE) sarà tentato di giocare a pacchetti, scambiando tecnologia e influenza come fossero pedine intercambiabili.
Cosa rischiano (e cosa possono guadagnare) i tre protagonisti
Stati Uniti
- Vantaggi: controllo o separazione di TikTok, più tutele su dati e algoritmo, messaggio forte sulla sovranità digitale. Politicamente, una “vittoria” comunicabile a un pubblico molto sensibile al tema sicurezza/Big Tech.
- Rischi: se il prezzo dell’intesa fosse un allentamento su Taiwan, il costo strategico sarebbe alto. Inoltre, un eccesso di forzatura può creare un precedente regolatorio difficile da gestire con altre piattaforme (americane o straniere) e aprire contenziosi infiniti su libertà di espressione e mercato.
Cina
- Vantaggi: preservare valore e controllo su un asset globale come TikTok o ottenere una soluzione che salvi l’algoritmo. Sul piano geopolitico, un segnale di flessibilità americana su Taiwan verrebbe letto come successo.
- Rischi: la cessione anche parziale di controllo o codice è un tema sensibile a Pechino. E un accordo “pane e burro” su TikTok senza garanzie su Taiwan rischia di essere percepito come insufficiente dall’opinione interna.
Taiwan
- Vantaggi: in uno scenario ideale, l’attenzione mediatica spinge Washington a confermare – non ridurre – il supporto, per smentire l’ipotesi di scambio.
- Rischi: qualunque segnale di incertezza sugli aiuti militari, anche solo comunicativo, indebolisce la deterrenza. E i mercati, che dipendono dai semiconduttori di Taipei, reagiscono prima ancora della politica.
Gli scenari possibili per TikTok
- Cessione a investitori non cinesi: lo scenario preferito da Washington. Resta il tema su cosa venga ceduto davvero: solo equity? Anche algoritmo? Governance con poteri speciali e audit?
- Struttura ibrida “trust + oversight”: dati negli USA, board misto, poteri di veto su sicurezza. Meno drastico della vendita, ma difficile da far digerire se non c’è una separazione chiara da ByteDance.
- Divieto e rimozione dagli app store: l’opzione nucleare. Politicamente rumorosa, tecnicamente aggirabile da una parte di utenti, ma devastante per il business.
- Contenziosi lunghi: classico finale americano. Cause su Primo Emendamento, concorrenza e due diligence che rinviano lo showdown, mentre la piattaforma continua (tra paletti e incertezze).
Il punto cieco: quando la tecnologia diventa diplomazia
La vera novità non è TikTok, ma il metodo. Le piattaforme sono ormai leve di politica estera: accesso ai dati, algoritmi, infrastrutture cloud, chip. Tutto è negoziabile. Per questo la trasparenza è cruciale: se l’intesa USA–Cina esiste, va capita la “contropartita”. Senza un testo chiaro, l’impressione è quella di un baratto implicito – e questo alimenta sfiducia.
Vale anche per l’Europa: regole come DSA, DMA e AI Act definiscono lo standard, ma senza massa critica industriale e una postura comune sulla sicurezza, l’UE rischia di guardare dal bordo del campo mentre altri decidono le regole del gioco.
Cosa osservare nelle prossime ore
- Il comunicato (o la sua assenza): testo congiunto USA–Cina o statement disallineati? La differenza è sostanza.
- Il capitolo Taiwan: ogni riferimento a aiuti, forniture o “rimodulazioni” è il termometro dell’accordo.
- La governance di TikTok: chi controlla l’algoritmo, dove stanno i dati, chi può ispezionare cosa e quando.
- La linea del Congresso: senza una base legislativa solida, l’intesa rischia di arenarsi nei tribunali.
- La reazione di Pechino: toni concilianti o rivendicativi? Dirà molto sulla sostanza dello scambio.
Europa e Italia: spettatori o attori?
Se la politica industriale è il vero campo di gioco, l’Europa deve decidere dove stare: difesa degli utenti (necessaria) o costruzione di alternative (indispensabile). Per l’Italia, che contribuisce alla sicurezza europea e ambisce a giocare una parte nell’economia dei dati, questo è il momento per spingere su competenze, infrastrutture cloud sovrane, filiere AI e cybersecurity. Altrimenti restiamo con un’unica opzione: subire gli effetti collaterali delle scelte altrui.
In sintesi
TikTok è solo la superficie. Sotto c’è la ridefinizione dei rapporti tra USA e Cina, con Taiwan al centro. Se l’accordo salta per quel nodo, lo capiremo presto. Se invece passa, vorrà dire che la diplomazia tecnologica è entrata nella sua fase due: scambi espliciti tra piattaforme e interessi strategici. Un terreno scivoloso, che richiede regole chiare e una comunicazione onesta.
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