Disconnessione digitale: perché 7 italiani su 10 vogliono staccare (e cosa significa per brand e creator)
C’è un’Italia iperconnessa che chiede ossigeno. Secondo il 59° Rapporto Censis – Comunicazione e Media 2025, sette persone su dieci desiderano disconnettersi. Non è il solito “digital detox” da weekend: è un segnale chiaro di overload. In mezzo ci sono aziende, media e creator che devono ripensare linguaggi, strategie e misurazioni. E c’è un pubblico che pretende qualità, autenticità e tempi più umani.
Italiani iperconnessi ma stanchi: il quadro 2025
I numeri non lasciano spazio a dubbi: il 90,1% degli italiani usa internet, l’89% lo fa dallo smartphone e l’86% presidia i social network. La televisione resiste, la radio resta importante, mentre la carta stampata continua a perdere terreno. Ma il dato davvero dirimente è un altro: la maggioranza tra i 16 e i 64 anni trascorre oltre 4 ore al giorno su dispositivi digitali per motivi non lavorativi.
Tradotto: per chi lavora alla scrivania, alle 7–8 ore di lavoro online si sommano altre 4 (o più) di navigazione personale. È così che lo “spazio senza luogo” del digitale si mangia metà delle ore di veglia. Una routine che accende tutti gli allarmi su attenzione, benessere e qualità dell’informazione.
Overload digitale: quando lo scrolling diventa il default
L’iperconnessione non è più solo un’abitudine: è uno stato ambientale. Il feed infinito è progettato per non finire, le notifiche trasformano ogni minuto in interrompibile, l’IA moltiplica i contenuti. Il risultato? La sensazione diffusa di saturazione: vogliamo staccare, ma fatichiamo a farlo. Non è un paradosso: è design comportamentale che funziona fin troppo bene.
Segnali d’allarme: attenzione ridotta, dipendenza percepita, deepfake
Dal rapporto Censis emergono tre tendenze che spiegano la voglia di offline:
- Attenzione sotto pressione: il 77% degli italiani ritiene che i media digitali abbiano ridotto la propria capacità di concentrazione. L’economia dell’attenzione ha un costo cognitivo che il pubblico inizia a riconoscere.
- Dipendenza dichiarata: il 63% ammette di non poter fare a meno dei media digitali. Tra i 16–17enni, il dato sale a oltre 7 su 10, con una percezione di “sottomissione digitale”.
- Informazione a rischio: il 60% dice di aver visto almeno un contenuto fake o deepfake nell’ultimo anno. L’IA generativa accelera quantità e verosimiglianza, la fiducia scende.
Questi tre vettori – attenzione, dipendenza, fiducia – spiegano la fuga verso l’offline meglio di qualsiasi slogan sul “benessere digitale”. Il pubblico non rifiuta il digitale: rifiuta il rumore.
Micro batte macro: autenticità come valuta di fiducia
Il 71,2% degli italiani dichiara di non seguire più i macro-influencer e di preferire i profili più piccoli. Perché? Autenticità percepita, prossimità, contenuti più verticali e meno patinati. La relazione conta più della reach. È una notizia scomoda per chi fa campagne di massa, ma è un assist per chi investe in community, creator di nicchia e collaborazioni di lungo periodo.
Per i brand, la traduzione è semplice: meno spot, più conversazioni; meno showreel, più utilità concreta; meno vanity metrics, più fiducia misurabile. E i creator? Cresce la domanda di contenuti “finibili”, con un inizio e una fine. Formati che non intrappolano, ma accompagnano.
La voglia di offline non è fuga: è strategia di benessere
Sette italiani su dieci vogliono disconnettersi. È un dato trasversale per età e profili, non una moda passeggera. Se assumiamo 8 ore di sonno, un adulto oggi passa anche metà del tempo di veglia connesso. Il desiderio di staccare non è “luddismo”, è auto-difesa: serve a recuperare attenzione, profondità, relazioni sane.
Intanto, diversi Paesi stanno testando cornici più rigide per proteggere i minori e arginare l’abuso di social e smartphone. Funzioneranno? Non sempre. Ma il segnale politico è chiaro: la società sta chiedendo limiti progettati, non autocontrollo eroico.
Opportunità per imprese e creator
- Progetta contenuti a basso rumore: meno interruzioni, più chiarezza. Un messaggio, un obiettivo, una call to action. Riduci la frizione cognitiva.
- Scegli formati “finibili”: serie con episodi brevi, newsletter settimanali, video capitolari. L’utente vuole concludere, non restare intrappolato.
- Punta sull’audio: il podcast consente fruizione “a mani libere” e tempi più umani. Nel capitolo Censis il podcast non è messo in primo piano: uno spazio ancora da valorizzare per costruire fedeltà senza l’ansia del feed.
- Micro-influencer e community: collabora con profili verticali, legati a interessi reali. Co-crea contenuti utili, non solo post sponsorizzati.
- Trasparenza anti-deepfake: dichiara l’uso di IA, applica watermark, pubblica policy chiare. La fiducia è il nuovo KPI.
- Misura il benessere digitale: oltre a reach e impression, guarda completamento, tempo medio per contenuto, tasso di ritorno settimanale. Meno quantità, più qualità.
Per le persone: micro-pratiche di detox sostenibile
- Notifiche con orari: attiva il “non disturbare” per fasce fisse della giornata.
- Slot senza schermo: 30 minuti al giorno “screen-free” dopo pranzo o cena.
- Dieta del feed: smetti di seguire 10 profili a settimana che non aggiungono valore.
- Tavolo senza telefono: regola semplice, effetto enorme sulla qualità delle conversazioni.
- Preferisci contenuti finiti: un episodio audio mentre cammini vale più di 40 minuti di scroll passivo.
Strategia e metriche: cosa cambia davvero
Se il pubblico cerca meno rumore e più qualità, marketing e content devono allinearsi. Alcuni spunti pratici:
- Editorial design: calendari più lenti e cadenzati; rubriche ricorrenti; promesse chiare (“cosa impari in 5 minuti”).
- Funnel puliti: una sola call to action per contenuto. Tutto il resto è distrazione.
- Metriche di profondità: percentuale di completamento, minuti ascoltati, scroll depth, risposte/DM qualitativi.
- Sicurezza informativa: fact-checking di base, fonti linkate, disclosure su contenuti generati con IA.
- Esperienze ibride: eventi piccoli, workshop, comunità locali. L’offline diventa parte dell’ecosistema contenuti.
2025: meno hype, più sostanza
Il 2025 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui l’industria dei contenuti è passata dall’ossessione per la quantità alla cura per la qualità. Sul tavolo ci sono quattro movimenti già visibili:
- Regole e responsabilità: più attenzione a minori, tempi di utilizzo e trasparenza su IA e contenuti sintetici.
- Audio in crescita: l’ascolto “a mani libere” intercetta la domanda di contenuti che non invadono lo schermo.
- Community > audience: gruppi piccoli e ingaggiati battono platee distratte. La fedeltà diventa asset.
- Formati “finibili”: serie brevi, guide pratiche, contenuti che rispettano il tempo dell’utente.
Il messaggio del Censis è semplice: non è una fuga dal digitale, è una richiesta di digitale migliore. Chi saprà progettare contenuti che abbassano il rumore e alzano il valore sarà il primo a beneficiarne.
Fonte: Il capitolo Comunicazione e Media del 59° Rapporto Censis 2025
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