Verifica età integrata nello smartphone: la mossa di Pornhub che chiama in causa Apple, Google e Microsoft
Un cambio di paradigma per il web “18+”: invece di passare da app terze o portali di controllo, l’età verrebbe certificata direttamente dal tuo smartphone. È la proposta di Pornhub (Aylo, ex MindGeek) alle big tech. Una mossa che punta a ridurre i cali di traffico dovuti alle nuove leggi sulla tutela dei minori e, al tempo stesso, ad arginare i problemi di privacy dei sistemi attuali. Funzionerà davvero? E, soprattutto, chi ci guadagna e chi ci perde?
Cosa propone davvero Pornhub
Aylo, la società dietro Pornhub, ha inviato una lettera ad Apple, Google e Microsoft chiedendo di spostare la verifica dell’età a livello di dispositivo. In pratica: niente più upload di documenti a siti terzi, niente più app poco chiare da scaricare al volo. Il telefono (o il sistema operativo) verificherebbe una volta l’età dell’utente e poi “risponderebbe” ai siti con un sì/no sull’idoneità (18+, 16+, ecc.), senza condividere dati personali.
La proposta, riportata e contestualizzata da Wired, punta a una soluzione standard, integrata nei sistemi che usiamo tutti i giorni. Il messaggio implicito alle big tech è chiaro: se la verifica diventa una funzionalità nativa di iOS, Android e Windows, si semplifica la vita agli utenti, si riducono i rischi privacy e si scarica la complessità dal singolo sito.
Perché proprio ora: leggi, blocchi e traffico in picchiata
Negli ultimi mesi, diversi stati USA e il Regno Unito hanno introdotto o rafforzato norme che obbligano i siti per adulti a verificare l’età. In alcuni casi, dove i portali non hanno implementato controlli conformi, si è arrivati a blocchi o georestrizioni, con cali di traffico importanti. Dinamica simile anche in Europa: in Italia, l’attenzione dei regolatori è alta e i sistemi di verifica stanno arrivando per gradi, con l’estensione attesa anche ai siti esteri.
Per chi pubblica contenuti 18+, la combinazione “obbligo legale + frizioni tecniche” impatta conversioni e ricavi. Per gli utenti adulti, invece, l’esperienza può trasformarsi in un percorso a ostacoli fatto di app sconosciute, scan di documenti e timori legati ai dati sensibili.
Il fattore VPN: la falla che tutti vedono
C’è poi un effetto collaterale evidente: i sistemi a barriera per paese spingono i minorenni più smaliziati verso VPN e stratagemmi per eludere i controlli. Il paradosso è chiaro: diminuisce il traffico “visibile”, ma non necessariamente l’accesso reale dei minori. La verifica “on-device” mira proprio a rendere inutile il trucco della geolocalizzazione.
Come funzionerebbe una verifica “on‑device”
Il modello proposto non è un documento unico, ma un’architettura con pochi principi chiave:
- Un’unica verifica iniziale: l’utente prova la sua età al dispositivo (ad esempio tramite un documento scansionato o un’identità digitale riconosciuta). Questo passaggio avviene una sola volta o a intervalli definiti.
- Token di idoneità: quando un sito chiede la verifica, il sistema operativo risponde solo con un “l’utente è maggiorenne” (o con la soglia richiesta), senza condividere nome, data di nascita o altri dati personali.
- Privacy by design: i dati sensibili restano sul device; ai siti arriva solo un semaforo verde/rosso. In teoria, niente database centrali con carte d’identità da proteggere.
- Esperienza fluida: niente app terze, niente upload ripetuti, meno passaggi. Un click in meno, una fuga in meno.
In termini di ecosistema, la proposta ha un pregio: se Apple, Google e Microsoft adottano API standard per l’attestazione dell’età, tutti i siti 18+ (e non solo) possono integrare lo stesso meccanismo, con costi di implementazione e manutenzione più bassi.
I nodi ancora aperti
- Affidabilità e abusi: un minorenne con in mano lo smartphone di un adulto supererebbe il controllo. Serviranno limiti, PIN o biometria, con attenzione a non trasformare i telefoni in “bancomat dell’età”.
- Trasparenza e audit: chi certifica che l’API non raccolga più dati del necessario? Servono standard pubblici, audit indipendenti e report periodici.
- Rischi di sorveglianza: una funzione di sistema così sensibile va blindata contro usi impropri da parte di governi o aziende, per evitare che diventi un cavallo di Troia per tracciamenti.
- Concorrenza e neutralità: le big tech potrebbero essere accusate di “decidere le regole del web” se la verifica età diventa una funzione proprietaria senza standard aperti.
Oltre l’adult: social, e‑commerce e gaming
La verifica “on‑device” non riguarda solo l’intrattenimento per adulti. Se funzionasse, potrebbe toccare:
- Social media: limiti di età su alcune funzionalità, messaggistica o contenuti sensibili. Un flag affidabile semplificherebbe la conformità alle leggi sui minori.
- E‑commerce regolamentati: alcolici, sigarette elettroniche, coltelli: check 18+ al checkout con meno frizioni e più tutela legale.
- Gaming e gambling: accesso e limiti di spesa legati all’età, con minori elusioni rispetto ai metodi attuali.
Per i brand, il vantaggio è ridurre il rischio normativo senza devastare la conversione. Per i regolatori, significa avere un unico punto di controllo (i produttori di OS), invece di inseguire centinaia di siti. Ma proprio questo accentramento richiede garanzie forti su governance e interoperabilità.
L’Italia nel quadro generale
Nel nostro Paese, il percorso verso la verifica dell’età è già partito: prima sui siti con base italiana, poi con estensioni previste a livello più ampio. In questo contesto, una soluzione integrata nei dispositivi potrebbe accelerare l’adozione e ridurre gli attriti per gli utenti maggiorenni, alleggerendo anche il lavoro dei singoli editori.
Resta da capire come si incastreranno le regole nazionali con eventuali API globali dei sistemi operativi: serve allineamento tra legislatori, authority, big tech e associazioni per la tutela dei minori.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi
Se le big tech aprono al modello, vedremo test pilota e linee guida tecniche. La chiave sarà uno standard comune (documentato, auditabile, interoperabile) e una governance multi‑stakeholder. Senza questi elementi, il rischio è creare soluzioni proprietarie, poco trasparenti e difficili da far accettare a livello normativo.
Come prepararsi
- Editor e piattaforme: monitorare gli sviluppi, mappare l’impatto su funnel e analytics, progettare integrazioni modulabili (API di verifica, alternative manuali).
- Brand regolamentati: valutare l’adozione di check 18+ più fluidi per ridurre l’attrito in checkout e onboarding.
- Utenti e genitori: informarsi su come funzioneranno i controlli “on‑device” e affiancarli a strumenti di parental control e educazione digitale.
La direzione è chiara: meno burocrazia spalmata tra mille siti, più responsabilità al dispositivo. La domanda è se il prezzo da pagare — in termini di governance e fiducia — sarà accettabile per tutti.
Fonte: Wired – Pornhub is urging tech giants to enact device‑based age verification
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